Il fumo in gravidanza
Il 40% delle donne italiane continua a fumare in gravidanza. Un dato allarmante causato, oltre che dalla difficoltà che incontrano le future mamme a smettere di fumare, anche dalla scarsa informazione sull'argomento che sarebbe invece indispensabile per motivarle a smettere. Una parte delle donne che smettono durante la gravidanza poi, riprende a fumare subito dopo l’allattamento proprio per il venir meno della forte carica motivazionale data dalla gravidanza.
I rischi legati al fumo passivo in gravidanza sono ugualmente elevati. Il feto infatti, assorbe le stesse sostanze tossiche che assorbirebbe se fosse la madre a fumare direttamente. Per questo le donne incinte dovrebbero evitare di stare a contatto di fumatori o frequentare ambienti fumosi.
Gli effetti tossici del fumo di tabacco sul feto si manifestano su diversi fronti: provocano una riduzione dell’ossigenazione sanguigna, alterano la nutrizione del nascituro a causa delle sostanze inquinanti che attraverso la placenta si riversano nel suo organismo e danneggiano il suo patrimonio genetico aumentando il rischio che sviluppi malformazioni o malattie anche a distanza di anni dalla nascita. Senza dimenticare che il rischio di perdere il bambino durante la gravidanza risulta più elevato rispetto a madri non fumatrici e che danni per il nascituro spesso si propagano poi anche dopo la sua nascita.
Prima della gravidanza
I danni del fumo di tabacco si manifestano già al momento del concepimento. Fumare riduce del 30% la probabilità di rimanere incinte. E se la donna è a sua volta figlia di una fumatrice questa percentuale arriva fino al 50%. Ciò si verifica a causa dell’interferenza delle sostanze nocive del fumo con la produzione degli ormoni che nella donna regolano la maturazione degli ovuli ed a causa delle modificazioni dell’endometrio (la mucosa che riveste la cavità interna dell’utero) che ostacolano la risalita degli spermatozoi.
Durante la gravidanza
Ciò che accade al corpo della madre si ripercuote sul bimbo che ha in grembo. Tutte le sostanze tossiche del fumo vengono assorbite dal bambino tramite la placenta che risulta essere una barriera inefficace per trattenere i veleni contenuti nelle sigarette. Dai polmoni della madre si riversano nel suo sangue ed attraverso il cordone ombelicale passano al feto.
E’ proprio grazie al sangue della madre che il bambino riceve le sostanze nutritive di cui ha bisogno ma la nicotina, ostacolandone l’afflusso, compromette il regolare sviluppo del feto. Il monossido di carbonio poi diminuisce la quantità di ossigeno disponibile sia nel sangue della madre che in quello del bambino. Da tutto questo ne risultano ritardi nello sviluppo sia mentale che della sua capacità polmonare, ridotta di circa il 10%, problemi che spesso si protraggono anche dopo la nascita. Ricevendo meno sangue e quindi meno nutrimento, il piccolo subisce un ritardo nella crescita con un minor peso alla nascita che può raggiungere i 350 grammi in meno rispetto alla media. Da uno studio pubblicato sulla rivista Pediatrics e condotto da ricercatori statunitensi è emerso che, dopo aver confrontato due gruppi di circa 3000 neonati, il primo con difetti cardiaci ed il secondo che non presentava questi problemi, si è scoperto i piccoli nati prematuramente e con basso peso corporeo (figli che più spesso degli altri avevano madri fumatrici), presentano un rischio più elevato di patologie cardiache congenite.
Tra le sostanze nocive rilevate nel sangue del feto sono state riscontrate almeno tre sostanze cancerogene in grado di danneggiare il suo DNA e provocare tumori sia durante la fase di gestazione che a distanza di anni quando bambino è ormai grande. Queste sostanze non si accumulano solo nei feti delle mamme fumatrici ma anche in quelli delle donne esposte al fumo passivo.
Da notare che i nascituri sono molto più vulnerabili ai veleni del tabacco sia perché la disintossicazione avviene più lentamente rispetto ad un soggetto adulto a causa dell’immaturità dei sistemi di depurazione dei loro fragili organismi, sia perché i loro corpi ne assorbono concentrazioni maggiori a causa del metabolismo più veloce rispetto a quello di un adulto. Questi fattori incidono negativamente sullo sviluppo dei suoi organi che hanno una probabilità maggiore di subire malformazioni.
Per le mamme fumatrici il rischio di aborto può raddoppiare, rischio che si abbasserebbe fino a quello delle madri non fumatrici se decidessero di smettere di fumare entro la tredicesima settimana di gestazione, pur rimanendo elevati tutti gli altri pericoli per il feto per l’aver fumato nelle settimane precedenti.
Dopo la gravidanza
Bambini apparentemente sani possono essere colpiti da ciò che viene definita “sindrome da morte improvvisa”. Esistono determinati fattori, tra i quali il fumo del tabacco, che aumentano il rischio di morte di un neonato (altri fattori sono la posizione del bambino durante il sonno che non dovrebbe mai essere a “pancia sotto” ed una temperatura ambientale troppo alta). Il rischio di morte improvvisa è tre volte più alto se la madre ha fumato in gravidanza ma risulta essere ancora più alto se, pur avendo rinunciato al fumo nei nove mesi di gestazione, permette a qualcuno di fumare vicino al neonato.
Fumare durante l’allattamento è come far fumare il proprio bambino. Tutte le sostanze nocive dal sangue della madre si riversano nel latte e ne compromettono sia la qualità che la quantità.
I danni alle vie respiratorie del feto possono protrarsi anche dopo la nascita sotto forma di disturbi cronici come allergie ed asma, in media più frequenti che nei bambini con genitori non fumatori. Questi problemi spesso si protraggono per generazioni poiché correlati ad un danno genetico prodotto dal fumo durante lo sviluppo del feto e tramandato poi dal futuro adulto ai suoi figli e nipoti.
Fumare in gravidanza aumenta anche la probabilità per i bambini di contrarre sia tumori sia durante l’infanzia che in età adulta come quello ai testicoli, alla vescica, ai reni ed alle vie respiratorie. Ciò significa che se per l’adulto che non aveva genitori fumatori, il rischio di contrarre un cancro legato al fumo inizia nel momento in cui inizia a fumare, per il nascituro con genitori che fumano, questo rischio inizia fin dalla sua nascita per i possibili danni subiti in fase di gestazione.
La nicotina interferisce con lo sviluppo dei neuroni (le cellule del sistema nervoso) del bambino, modificandone i collegamenti e predisponendoli ad una maggiore sensibilità verso questa sostanza a causa di un aumento anomalo dei recettori nicotinici nel cervello. Una volta grandi, questi bambini possono presentare deficit uditivi, di apprendimento e risultano essere più predisposti verso disturbi del comportamento come l’iperattività o la tendenza a sviluppare comportamenti aggressivi. Essendo poi stati già “dipendenti” indirettamente dalla nicotina nel periodo fetale, hanno una predisposizione maggiore a diventare a loro volta fumatori in età adulta.
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